ALBERTO ROSA è nato a Bologna nel 1956, sotto il segno del Cancro. Sposato, vive con la moglie Susanna e i figli Leonardo e Riccardo nella sua città natale. Manager di un gruppo industriale italiano fino a luglio 2005, dal 2006 ha intrapreso una propria attività imprenditoriale.

Da giovanissimo gli studi tecnici e lo sport agonistico occupano tutto il suo tempo. Solo attorno ai diciotto anni scopre la passione per l’arte. Si cimenta con scarso successo nella pittura ed inizia a scrivere poesie.

Attorno ai vent’anni acquista la prima reflex e nel garage di famiglia realizza una camera oscura, dove esperimenta tutte le tecniche di sviluppo e stampa del bianco e nero.

Dopo alcuni anni passa al colore, scattando migliaia di diapositive. Sviluppa vari temi, sempre legati al reportage: i bambini, gli anziani, la vita quotidiana, il paesaggio.

Il suo percorso professionale, che passa anche attraverso il variegato mondo della grafica, lo induce poi ad utilizzare la macchina fotografica come strumento per realizzare immagini con attese puramente cromatiche.

Nel 1999 visita a Milano una mostra dedicata alle celebri fotografie ritoccate di Mario Schifano, che gli forniscono l’ispirazione per una nuova fase di ricerca.

Ciò che ne deriva sono immagini tra sogno e realtà, dove i soggetti talvolta si sfuocano, sfuggono, mentre altre volte diventano protagonisti inattesi, lasciando spesso spazio ad interpretazioni soggettive.
Lo spazio, l’atmosfera e il trattamento di colore e immagine che le pervadono vanno al di là dello specifico fotografico, trasponendole in un territorio di rarefatta vena pittorica. In loro oscillano impalpabili presenze anche misteriose d’impronta balthusiana, dove il tempo è sospeso e il gioco cristallizzato. Ma dall’effetto, utilizzato con singolare maestria e rigore, promana un senso di composta serenità, non lontano seppur dissimile figurativamente dalle tele di Jan Knap. Quando è il paesaggio a tornare protagonista, allora la visionarietà di Schifano riemerge, ricordando ad esempio la serie delle Broken Views o dei Paesaggi Anemici del pittore scomparso.

Nel 2003 espone otto immagini di quest’ultimo periodo, che un critico gli definisce come “colore privato”, al PhotoShow di Milano. Nel 2005 realizza due personali: a Bologna e a Milano Marittima. Alla vecchia Canon Ftb affianca una fotocamera digitale, ma le immagini che propone continuano ad essere frutto esclusivamente delle tecniche di ripresa.

In questi ultimi anni ritorna a dedicarsi anche alla mai sopita passione per lo scrivere, che sfocia nella realizzazione della sua prima narrazione, “La stagione dei bachi da seta”, una storia con radici biografiche che vedrà la luce ad inizio 2007. Nel frattempo è già attivo su di un secondo progetto. Si tratta di due short stories, che hanno come titoli provvisori “Come ti chiami? e “Carne da macello”. In questo caso è la matrice autobiografica ad essere protagonista.